Sicurezza lavoro | La Cassazione chiarisce i limiti della formazione e informazione dei lavoratori

Penale

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 20801 del 28 maggio 2024 di seguito scaricabile, ha annullato senza rinvio la condanna dell’amministratore di una società per un infortunio sul lavoro che aveva coinvolto un dipendente.

L’incidente, verificatosi durante operazioni di scavo per la posa di tubature, aveva causato ustioni sul 10-19% del corpo di un dipendente, con un’incapacità lavorativa superiore a quaranta giorni.

Il Tribunale di Torino aveva inizialmente condannato l’amministratore per violazioni multiple del D.lgs. 81/2008, tra cui l’omessa valutazione dei rischi di infiammabilità ed esplosione e la mancata formazione dei lavoratori.

La Corte d’Appello aveva ridotto gli addebiti, riconoscendo solo la carenza di informazione e formazione del lavoratore come causa dell’infortunio. Tuttavia, la Cassazione ha accolto il ricorso dell’imputato, evidenziando le contraddizioni nella motivazione della Corte d’Appello.

In particolare, la Corte di Appello aveva riconosciuto che le procedure aziendali della società prevedevano espressamente il divieto assoluto di operare dopo il danneggiamento di un sottoservizio fino al ripristino e alla successiva autorizzazione del preposto.

La Cassazione ha rilevato che il lavoratore era stato adeguatamente informato e formato sulle procedure di sicurezza, come dimostrato dal suo comportamento nella prima fase dell’incidente.

La Corte di Appello, tuttavia, aveva erroneamente distinto tra le fasi dell’incidente, attribuendo doveri di informazione-formazione differenti per ciascuna fase, senza considerare che il divieto assoluto di operare era valido per l’intera procedura successiva al danneggiamento del tubo.

La sentenza della Cassazione sottolinea l’importanza di una formazione e informazione chiara e completa dei lavoratori sui rischi specifici e sulle procedure di sicurezza, ma evidenzia anche che una volta assolti tali obblighi, non possono essere richieste ulteriori specificazioni per ogni singola fase di un evento accidentale.

In conclusione, la Corte Suprema ha annullato la sentenza impugnata perché il fatto di reato ascritto all’imputato non sussiste, disponendo anche l’omissione delle generalità della persona offesa in caso di riproduzione della sentenza, in conformità con l’art. 52, comma 2, del D.lgs. n. 196/2003.

Questa decisione rappresenta un importante chiarimento sui limiti e le responsabilità del datore di lavoro in materia di sicurezza sul lavoro e formazione dei dipendenti.