Con la sentenza n. 3883/2024, di seguito scaricabile, la Cassazione Civile si è recentemente pronunciata relativamente al ricorso di un lavoratore licenziato per aver violato, con la propria condotta il codice disciplinare di cui al CCNL ed il sistema disciplinare del Modello di Organizzazione e Gestione ex D.Lgs. 231/01 adottato dalla Società Autostrade per l’Italia s.p.a.
I motivi di ricorso si basano principalmente su presunte violazioni normative e contrattuali nella qualificazione della condotta del lavoratore e nella conseguente applicazione della sanzione del licenziamento. In particolare, si contesta l’interpretazione data dalla Corte d’appello all’articolo 36 del CCNL Autostrade e Trafori, che prevede il licenziamento per “mancata applicazione volontaria delle disposizioni impartite dall’Azienda al fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda stessa“.
La Corte di Cassazione, dopo aver esaminato i motivi di ricorso, ha ritenuto fondati i primi due motivi, in quanto la Corte d’appello avrebbe errato nell’interpretazione dell’articolo 36, lett. i) del CCNL, identificando il “vantaggio” nella mera inoperosità del lavoratore, che è invece la conseguenza diretta della condotta e non un fine esterno e ulteriore come richiesto dalla norma contrattuale.
Si è ritenuto tuttavia che la contestazione mossa al lavoratore non avesse ad oggetto condotte integranti o, comunque, connesse a violazioni del Modello di organizzazione, come tali legate alla specifica mappatura dei rischi di reato e alle contromisure predisposte in base al D.Lgs. 231/01, non essendo sufficiente, a tal fine, la generica contestazione al dipendente di avere “creato disagi all’utenza e minato la sicurezza della circolazione”.
Nel caso di specie, quindi, l’addebito concerne unicamente la violazione degli obblighi imposti al dipendente dalle norme del codice civile, del contratto collettivo e del codice etico per avere agito “contravvenendo ai doveri lavorativi e in violazione dei principi di correttezza, lealtà e buona fede“.
Di conseguenza, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato il caso alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per un nuovo esame della fattispecie in conformità ai principi di diritto enunciati.
La decisione della Corte di Cassazione sottolinea l’importanza di una corretta interpretazione delle norme contrattuali e l’applicazione del principio di proporzionalità nella comminazione delle sanzioni disciplinari, in particolare quando si tratta di sanzioni gravi come il licenziamento.