Da diversi giorni non si fa che parlare della sentenza con la quale lo scorso 6 luglio il Tribunale Penale di Roma ha assolto il bidello imputato del reato di violenza sessuale per aver toccato i glutei di una studentessa minorenne all’interno di un istituto scolastico il 12 aprile 2022.
Quale avvocato penalista che da diversi anni affronta vicende giudiziarie simili ho ritenuto opportuno fare un po’ di chiarezza su alcuni aspetti della grave vicenda di cui tutti – a torto o a ragione – stanno parlando.
La sentenza
Con la sentenza (di seguito allegata) il Tribunale ha fissato due punti fondamentali.
In primo luogo non si dubita che “l’imputato … ha toccato i glutei della parte lesa, zona erogena.” e che, la condotta del bidello integri sicuramente l’elemento oggettivo del delitto di violenza sessuale posto che come ricorda la sentenza stessa “può consistere … nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria ...”.
Tuttavia. “Quanto all’elemento soggettivo … la repentinità dell’azione, senza alcun insistenza nel toccamento, da considerarsi uno sfioramento, il luogo e il tempo della condotta, in pieno giorno in locale aperto al pubblico e in presenza di altre persone, e le stesse modalità dell’azione conclusasi con il sollevamento della ragazza non consentono di configurare l’interno libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma incriminatrice“.
Pertanto “Nel caso di specie, le sopra descritte modalità dell’azione lasciano ampi margini di dubbio sulla volontarietà nella violazione della libertà sessuale della ragazza, considerato proprio la natura di sfioramento dei glutei, per un tempo sicuramente minimo, posto che l’intera azione si concentra in una manciata di secondi, senza alcun indugio al toccamento. Inoltre appare verosimile che lo sfioramento dei glutei sia stato causato da una manovra maldestra dell’imputato …“.
Inoltre “in tal senso depone anche la condotta successiva dell’imputato, che solo alla manifestazione di disagio della ragazza, si è reso conto della natura inopportuna del suo gesto”, andato oltre le proprie intenzioni, tanto da cercare di chiarire la situazione ed evitare ogni fraintendimento …”.
Spieghiamoci meglio
Cosa ci sta dicendo il Tribunale di Roma?
1 – Il bidello ha effettivamente toccato i glutei della ragazza.
2- Considerando le modalità con cui si sono svolti i fatti, e quindi:
- il contesto scherzoso
- l’atteggiamento confidenziale appurato tra la ragazza ed il bidello
- la minima durata del “toccamento”, ricondotto dal Tribunale “quasi ad uno sfioramento“
- il fatto che tutto si sia verificato “alla luce del sole” (in pieno giorno e in luogo aperto al pubblico ed alla presenza di altre persone)
- il tentativo dell’imputato di chiarire la situazione ed evitare fraintendimenti
non è stato possibile affermare senza incertezza che vi sia stata quella necessaria volontà dell’imputato di violare la libertà sessuale della ragazza.
Per usare termini meno tecnici si potrebbe affermare che il Tribunale, pur etichettando il comportamento del bidello come “sicuramente inopportuno“, abbia fatto proprie due massime note agli addetti ai lavori: “meglio un colpevole assolto di un innocente condannato” e “se lo hai fatto non significa che tu sia colpevole“.
Difatti, per quanto possa essere talvolta faticoso o doloroso da comprendere, il processo penale non è volto ad accertare solo se una vittima abbia subito un torto (per quanto ovviamente il giudice debba tenere in considerazione la conseguenze anche emotive patite dalla persona offesa).
Il giudice è chiamato invece ad appurare se l’imputato abbia commesso un fatto, se questo fatto costituisca reato e se (per delitti come quello di cui stiamo parlando) abbia voluto coscientemente commetterlo (si potrebbe aggiungere “se l’imputato sia punibile” ma in questa sede non ci interessa).
In altri termini, il fulcro del processo è – o dovrebbe essere – il comportamento e la volontà dell’imputato e non il punto di vista della vittima.
Inoltre, come tutti sappiamo, nessuno può essere condannato a meno che non risulti colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio (articolo 533 del codice di procedura penale).
E ora? Cosa succederà?
Con tutta probabilità il Pubblico Ministero (che ha chiesto la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione) impugnerà la sentenza e in tal caso il verdetto potrà anche essere “ribaltato”.
Diversamente, se appellerà solo la difesa della ragazza, l’imputato non potrà essere condannato ad una pena detentiva ma solo al risarcimento del danno cagionato.